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Solo qualche giorno fa avevamo scritto di come un tecnico al governo, oggi, fosse preferibile ad un politico in quanto avrebbe certamente fatto danni minori al Paese. Confermiamo ciò e rilanciamo. Ma questa volta in senso decisamente più positivo.
Mario Monti, nuovo Presidente del Consiglio, ha presentato un governo di tecnici altamente qualificati sotto ogni profilo: sia esso istituzionale che culturale. Un governo equilibrato, senza fronzoli, senza nomine politiche inadeguate alla situazione d'oggi, visto anche il bassissimo profilo della classe politica degli ultimi diciassette anni.
Il Governo Monti, dunque, a noi piace ed anche per altre ragioni: è inviso agli estremisti di sinistra e di destra dall'IdV a SeL, ai Comunisti vari, sino alla Lega Nord ed è governo che, sin dalle prime dichiarazioni, appare riformatore e capace di dare un po' di sollievo al dilettantismo dei governo precedenti: da destra a sinistra.
Mario Monti ha già parlato di riforma fiscale, di privatizzazione delle muncipalizzate, di tagli ai costi della politica, di tagli agli stipendi pubblici, di liberalizzazione degli Ordini professionali. Bene, benissimo: è proprio da ciò che riteniamo da sempre si dovrebbe partire per aggredire la crisi (e non dalla tasche degli italiani). L'unica cosa che a noi non piace è la probabile reintroduzione dell'Ici sulla prima casa: un'imposta iniqua che colpisce la proprietà individuale a vantaggio di Comuni talvolta microscopici e che noi vorremmo fossero aboliti ed aggregati a Comuni con un maggior numero di abitanti.
Ad ogni modo e comunque, in sostanza, giudichiamo positivamente il nuovo Governo Monti, con una sola incognita: sarà sostenuto da quelle forze politiche anti-riformatrici che, dal '94 sino ad oggi, non hanno fatto certo gli interessi del Paese: dal Pd e dal PdL in primis. Auguriamoci che queste non gli tolgano mai la fiducia, altrimenti l'Italia sprofonderà davvero nel baratro.
A noi piacerebbe che il Governo Monti avesse carta bianca e fosse sostenuto, in questo senso, dall'Europa e dagli Stati Uniti d'America, sino a che l'Italia non ricominciasse davvero a decollare.
Piacerebbe, dunque, che il Governo Monti sopravvivesse ben oltre il 2013, magari che durasse almeno cinque o sei annetti, poi, chissà, magari le forze politiche italiche, nel 2020, potrebbero anche essere mature per tornare a governare.
Ma prima sicuramente no.

Luca Bagatin
www.lucabagatin.ilcannocchiale.it

 

E’ pensabile che un governo sia giudicato dal sali e scendi della borsa di Milano e dal variare del rendimento dei titoli di Stato nell’arco di una settimana? Su La Sette davanti a Lilly Gruber, Enrico Letta si è presentato con una tabellina in cui dimostrava che lo spread dei titoli di Stato nei confronti di quelli tedeschi era calato e quindi era merito di Monti. Allo stesso tempo lasciava trapelare che se c’era ancora come primo ministro il cavaliere Berlusconi i dati sarebbero stati molto più negativi. Passati appena due giorni c’è un nuovo crollo della borsa italiana (oggi la peggiore in Europa) e la risalita dello spread a tassi allarmanti.
Quello che mi sorprende è la superficialità con cui viene affrontato un tema drammatico come quello della crisi economica che è mondiale e ancora nessuno è in grado di conoscerne la vera portata.
Una crisi che spaventa le democrazie di tutto il mondo e in Italia si vorrebbe far credere che è sufficiente sostituire il Primo Ministro del Consiglio per risolvere i nostri problemi. Se fosse così semplice non ci sarebbe bisogno di un fondo salva stati, dei soccorsi della Bce e altre iniziative tutte a contenere le speculazioni e scongiurare il fallimento dell’Europa e la fine dell’Euro.
L’Italia non convince, non ispira fiducia ai mercati economici per motivi ben più seri. E il governo Monti, che ha tutto il mio appoggio, è l’espressione del fallimento della politica e non tanto del solo Primo Ministro, se fosse stato così allora avrebbe avuto ragione Enrico Letta. Ma la realtà è ben più drammatica. In Italia la classe politica ha dimostrato di non saper risolvere i veri nodi fondamentali che l’Europa ci chiede. Il centro destra con la Lega Nord ha dimostrato i propri limiti su riforme importanti come ad esempio la chiusura delle Province e la riforma pensionistica e a sua volta il centro sinistra è diviso sulla liberalizzazione dei servizi, sulla riforma del lavoro e delle pensioni, sulle grandi opere pubbliche, ecc. In poche parole oggi in Italia non c’è una maggioranza che abbia i numeri per attuare velocemente quelle benedette riforme per ridurre il debito pubblico e per favorire la crescita economica. L’Italia non emana fiducia perché non riesce a sciogliere quei nodi strutturali che l’Europa intera ha bandito. Chi invocava le urne al posto di un governo Monti non tiene conto di questa realtà e un cartello elettorale con gli attuali schieramenti non avrebbe modificato alcunché, se non aggravato la crisi economica per il tempo perso.
Ora ci sarà tanto da fare e ognuno di noi deve esserne consapevole e la logica delle tabelline non racconta la verità, cerca soltanto di scaricare le colpe all’avversario per non fare emergere la propria incapacità ad affrontare i problemi. Monti benché abbia chiesto espressamente la partecipazione al suo governo delle due forze politiche maggiori non è stato accontentato e si trova con una squadra di tecnici. Questo è la dimostrazione che la politica italiana oltre ad aver fallito non riesce ad uscire dalle secche in cui si trova. Questa crisi drammatica speriamo faccia riflettere ed emerga il buon senso, si attui un atteggiamento collaborativo in modo che il governo sia libero ed autonomo di attuare le riforme, senza ricatti se non tornano i propri conti di bottega di staccare la spina. Solo dimostrando di avere una classe politica in grado di governare riusciremo a riacquistare quella fiducia di cui ha tanto bisogno il nostro Paese.

Cagli 21 novembre 2011

Giuseppe Gambioli

 

Si torna dalle ferie con una balla mazzata che ricorda il vecchio Governo Prodi con Visco all'Economia e Bertinotti come spina nel fianco.
Chi l'avrebbe mai detto che, tempo dopo, Prodi si sarebbe trasformato in Berlusconi, Visco in Tremonti e Bertinotti in Bossi e Calderoli !
Beh, in effetti, chi scrive sono anni che sostiene che nei fatti esista un unico grande partito: conservatore e illiberale, capace di unificare l'estrema sinistra e l'estrema destra in nome dello statalismo e del "più tasse per tutti".
Fra le forze politiche di oggi, invero, sembra proprio non salvarsi nessuno.
Il PdL, tanto per cominciare, si è rimangiato tutte le promesse fatte negli anni: nessuna riduzione a tre aliquote fiscali, nessuna abolizione delle Province, nessuna riforma della giustizia in senso liberale, nessuna sburocraticizzazione della macchina amministrativa. Anzi, è avvenuto l'esatto opposto. Ovvero quanto ha sempre portato avanti il Pd e l'armata brancaleone della sinistra cattocomunista.
Berlusconi uguale Prodi, Tremonti uguale Visco, infatti.
Non si salva sicuramente la Lega Nord, che è il principale partito responsabile del "più tasse per tutti" in quanto non vuole alcuna riforma delle pensioni, nè vuole abolire le Province e ridurre il numero dei Comuni.
Non si salva nemmeno Casini con la sua Udc che ha proposto l'aumento dell'IVA, tassa che comprime i già compressi consumi e che andrebbe ulteriormente a penalizzare i cittadini
Come se non bastasse è arrivata persino l'"accozzaglia delle forze sinistre" (da IdV a SeL passando per Segni) con l'aggiunta, con nostro rammarico, del PLI, che sta lanciando la raccolta di firme per un referendum che, pur volendo abolire il "porcellum", vuole il ripristino del "mattarellum": altro grande porcellum elettorale in quanto obbligherebbe alleanze con chiunque pur di accaparrarsi i collegi uninominali e favorisce unicamente le forze estremiste.
Un ritorno dalle ferie che, in sostanza, penalizzerà i cittadini-consumatori-elettori che - oggi finalmente possiamo dirlo con certezza - formano un nuovo Terzo Stato contrapposto alla classe dei Nobili (i politici) ed al Clero (la Chiesa cattolica che è esente dal pagamento dell'Ici per le attività commerciali).
Un Terzo Stato che ci sentiamo da sempre di sostenere con misure, appunto, sostenibili e liberali.
Basterebbe far pagare le imposte anche alla Chiesa cattolica per le attività commerciali; abolire il sistema dell'8 per mille; abolire le Province quali enti politici; accorpare i Comuni con meno di 15.000 abitanti; abolire le municipalizzate (lasciando che i servizi siano svolti dal privato); abolire il Senato; ridurre del 40 % gli stipendi di Parlamentari e Consiglieri regionali; privatizzare la Rai; allungare l'età pensionabile. Forse, a quel punto, le imposte potremmo persino arrivare a ridurle, magari introducendo la flat tax al 20 % per tutti e non facendo pagare un solo euro a chi ha un reddito inferiore ai 15.000 euro annui.
Per quanto riguarda, poi, la riforma della legge elettorale, la Costituzione stabilisce - a dispetto di quanto avvenuto dal '93 ad oggi - un sistema di elezione proporzionale puro. Altre strade sarebbero auspicabili, ma unicamente attraverso un'Assemblea Costituente, come nel 1946.
Personalmente auspicherei una riforma che prevedesse l'elezione diretta del Presidente della Repubblica, con funzioni di governo, slegato dai partiti ed a turno unico. Per quanto concerne l'elezione del Parlamento, a Camera unica, ritengo potrebbe benissimo essere eletto su base proporzionale pura, senza alcuno sbarramento, e mantenere unicamente funzioni legislative.
Sarebbe un bel salto di qualità in direzione di un Paese che guarderebbe al liberalismo anglosassone piuttosto che ad uno statalismo che, come diceva Ernesto Rossi, "privatizza i profitti e socializza le perdite".

Luca Bagatin
www.lucabagatin.ilcannocchiale.it