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Marsilio Ficino

È nato a Figline Valdarno, nella provincia fiorentina, nel 1433.
Figlio del medico personale di Cosimo il Vecchio, della famiglia Medici, ebbe modo di essere istruito da pedagogisti cui va attribuito il merito di avergli fatto conoscere testi e trattati della  Grecia antica, attraverso i quali il giovinetto si appassionò agli scritti di Platone e di Aristotele, diventando uno tra i maggiori pensatori di letteratura e di filosofia di quel tempo.
Chiamato alla corte dei Medici dallo stesso Cosimo, Marsilio Ficino fondò a Firenze l’Accademia Platonica, formando una nutrita classe di giovani studenti, ai quali egli insegnò, come principale dei compiti, le opere di Platone e della di lui scuola.
Altro compito assai curato da Marsilio Ficino fu quello di promuovere la diffusione di quei testi attraverso la traduzione dal greco al latino, se non, addirittura, in italiano volgare, lingua che ormai si andava radicando anche tra gli eruditi, in primo luogo grazie alla genialità di Dante Alighieri.
Tra le sue più conosciute opere giova ricordare il “De voluptate”, nella quale egli ragiona, appunto, sulla volontà, la peluciale caratteristica, innata nell’ uomo, attraverso la quale egli può spingersi a trovare le più variegate risposte ai tanti perché della vita.
La “teologia platonica”, testo in cui sono bene individuate le motivazioni che fanno scaturire i ragionamenti sull’uomo, il suo vissuto e gli elementi che lo attorniano, sia positivi che negativi. Nel “liber de vita” Ficino raccoglie le considerazioni scaturite dai suoi ragionamenti sulle vicende e sui conseguenti atteggiamenti, nel corso del tempo assunti dalle popolazioni europee e che ne costituiscono la storia.
Nel 1473 prese i voti e, da sacerdote, cercò con successo di continuare i suoi studi su Platone e la sua scuola, riuscendo a propugnare l’idea, progressista ma affatto trasgressiva, evolutiva e non fuorviante, di un Dio, unico e trino, onnipotente ed infinito, non tanto da temere o da sopportare, quando da capire e lodare, anche attraverso le interpretazioni pagane.
Sostenne, convinto, l’esistenza di una gerarchia, solo terrena e storicamente provata, lasciando intendere le leggende solo per il valore simbolico che queste hanno.
Per farsi intendere al meglio Ficino suddivise il suo pensiero, ed il mondo che lo avvolgeva, in cinque branche; quel mondo, piccolo e conosciuto, che solo di lì a poco la svolta della scoperte di nuove terre ne avrebbe assai ampliato gli orizzonti.
Cinque, comparti che lui chiamò: ”sostanze”.
Il termine usato da Marsilio Ficino aveva un significato filosofico molto più esteso di quello che oggi si può intendere, in quanto, al concreto e solido concetto della materia, per lui andava compreso anche l’ampiezza del sovrannaturale.
Da lì l’enunciazione delle cinque unità: Dio, Angeli, Anima razionale, Qualità, Corpo.
Secondi gli intensi ragionamenti di Marsilio Ficino, l’anima è il fulcro del mondo, così, come lo si concepiva allora; è l’elemento decisivo per la dignità della persona; è questa, per ogni creatura umana, l’unico e fondamentale motivo, principio e fine della sua vita, ma anche del circondario che gli è vicino, fino a comprendere l’intero universo.
Il pensiero, che, sempre e comunque va attivato, per le risposte da trovare alle tante domande, è da considerarsi, secondo Ficino, fulcro di ogni sentimento, buono o cattivo che sia, dall’amore alla vendetta.
L’anima è compenetrante, al pensiero; entrambe sono il centro della realtà.
Così, come le azioni dell’uomo scaturiscono da queste due componenti, arrivare a conoscere Dio, significa, secondo Ficino, usare intelletto e volontà,  desiderio e  raziocinio, il tutto racchiuso nell’unico sentimento di amore verso il divino.
Marsilio Ficino studiò profondamente quanto lasciato scritto da Ermete Trismegisto, letterato e filosofo concretista di un lontano passato. Vissuto nel II secolo d.C., aveva trovato in Ipazia di Alessandria la più convinta delle divulgatrici. Questa fu fatta uccidere da un ecclesiastico di rango, per le ardite teorie terrene e poco religiose, tre secoli dopo Ermete Trismegisto.