Indice
Europa
Guido Monaco
Cimabue
Cosa c’è dietro le colonne d’Ercole?
Giovanni Pico “della Mirandola”
Abu I . Walid Muhammad ibn
L'Umanesimo
Marsilio Ficino
Ipazia
Tutte le pagine

Le radici dell’Europa


E’ da tempi ancestrali che l’uomo ha, nel suo intimo, in quel misterioso luogo che gli esperti del settore chiamano “inconscio”, il timor di Dio.
Nel lungo corso della sua evoluzione, abitante unico e discente del terzo pianeta del sistema solare, che lo riscalda come gli altri, ma che, in seguito alla mescolanza degli elementi chimici presenti, ha consentito la nascita e lo sviluppo del mondo vegetale ed animale, l’uomo è dotato di caratteristiche fisiche e chimiche, tali da consentirgli di procreare e prosperare, per la continuazione della specie, simile agli altri animali, in più dotato di intelletto.
Fra le centinaia e centinaia, fra le tante e variegate categorie di animali, l’uomo, nella sua dualità, spicca, per una sua particolare dote, nel riuscire ad adoperare, facendolo funzionare con metodo, il cervello.
Le testimonianze di resti fossili, reperiti in questi ultimi due secoli, da appassionati ricercatori, benemeriti, che prima non sarebbe stato possibile farlo, allorché il timore dell’ascendente religioso costituiva un vero e proprio tabù, ci testimonia come l’essere primitivo, fosse, ne più ne meno, che una specie di animale, dicono alcuni configurato a quattro zampe, ululante e coperto di pelo, insomma una vera e propria scimmia.
Con il passare dei millenni, mentre il sole e la luna, i pianeti e le stelle, hanno continuato ad obbedire alle leggi della natura, l’uomo assumeva la deambulazione eretta, sviluppava la capacità cranica, perdeva il folto pelo, ed alzava gli occhi, per cercare davanti e sopra lui, logici punti di riferimento; imparava ad articolare gli strani suoni che gli uscivano dalla bocca, con la quale imparò anche a sorridere, cercando vieppiù di scacciare l’atavica paura di chi, fino a quel momento, aveva avuto, dei fenomeni cui aveva assistito, una volta uscito dalle caverne.
Il mistero, ed il fascino, suscitato dai lampi e dai tuoni, durante i furiosi temporali cui a stento riusciva a trovare riparo; l’acqua che non gli dava tregua durante quei momenti; la potenza del calore vigoroso emanato dal fuoco… i venti … le tempeste, assunsero, per quelle creature primitive, un valore soprannaturale, talmente determinato ed inspiegabile, da dare origine al concetto delle varie deità, cui occorreva sacrificare ciò che si aveva di più caro, prole compresa.
Quando, in terra di Palestina, venne il momento de Verbo e della Parola, molti di quei concetti, originati dalle ataviche interpretazioni della casta sacerdotale pagana, vennero meno e gli uomini iniziarono un positivo percorso degli usi e dei costumi, con i seguaci di Pietro di Arimatea che convertivano le folle all’amore, alla sopportazione, alla tolleranza, alla giustizia terrena, specificavano, al fine di conquistare quella del padre celeste e di suo figlio Gesù Cristo.
Per la glorificazione del Signore, unico e trino, l’antica Roma dei Cesari si trasformò nella Roma dei Papi: ogni gesto, ogni pensiero, ogni opera e ogni arte, per secoli furono indirizzati al “timor” di Dio.
Nello stesso stile del vetusto mondo pagano… templi, inni, componimenti artistici di qualsivoglia genere, ebbero come epicentro ed unico obiettivo gli elementi fondativi dei quattro evangeli; ogni possibile atto di provenienza umana doveva essere compiuto solo ed esclusivamente in suo nome.
Solo e soltanto nel IX secolo D.C., alla corte di Carlomagno, i letterati e gli artisti. Gli scienziati e i dottori iniziarono a formarsi anche fuori dall’ambiente ecclesiastico, ancorché in minor numero e con scarsa prese. Il leggere e lo scrivere, l’arte di conoscere, la cultura, veniva esercitata in misura massiccia solo frequentando “l’ecclesia”. Chi osava impegnare ogni ulteriore ragionamento discostandosi dalla vita di Dio subiva l’ostracismo del clero, che poco o nessuno spazio lasciava alla credibilità di costoro.
Dopo il IX secolo e fino al periodo in cui si andò formando la corte imperiale di Federico II di Svevia, cioè tra la fine del 1.100 ed i primi del 1.200, due sono le figure di uomini particolari, che meritano di essere segnalate.